giovedì 8 luglio 2010

La mia vita, leggendo.

"Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere e tutto quel che segue, vorresti che l'autore fosse tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira" (H. Caufield)

Ho ripreso quella buona abitudine che si chiama leggere. Dopo aver passato mesi della mia vita a studiare saggi e libri di storia del cinema, sentivo la forte necessità di immergermi in un romanzo, divorarlo pagina dopo pagina, sentire vibrare il protagonista. Giovedì sera scorso, acquisti folli, sono passata alla Feltrinelli di Monza e ho fatto incetta di romanzi: Quando la notte di Cristina Comencini, Amrita e Il coperchio del mare di Banana Yoshimoto. C'era anche La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano che mi faceva cenno con la manina Prendimi!Prendimi!, ma non sono nel giusto mood per potermi permettere quel tipo di lettura. Avrei rischiato di deprimermi ulteriormente e dio solo sa quanto mi influenzino i libri e le loro storie. Avrei compiuto un suicidio interiore.

Ho divorato Quando la notte in un paio di giorni, sentendomi più vicina al brusco modo di essere di Manfred - il burbero montanaro incazzoso - che all'insicura e paranoica personalità di Marina, la mamma incapace (o meglio, che si è autoconvinta di esserlo) piena zeppa di dubbi esistenziali. Anche se la sottoscritta si lascia divorare da parecchi interrogativi, non c'è che dire. Ho chiuso il libro allo scorrere dell'ultima riga, ho serrato le palpebre e ho gustato mentalmente l'intera trama, il susseguirsi di eventi, i personaggi. Mi sono alzata, ho bevuto il mio bicchiere d'acqua. Ma quando è nato tutto questo? Un ricordo sfocato, via Luca Giordano, Napoli. Le bancarelle verdi di ferro costeggiano la strada sul marciapiede, estate. Io e mio padre ci fermiamo a guardare i libri, lui era alla disperata ricerca di alcuni spartiti per la chitarra, io sfogliavo qualche album da colorare. Avrò avuto otto, nove anni. La mia attenzione viene catturata da un libro con la copertina azzurra e con un il disegno di un bambino che indossa una salopette e hai capelli rossicci. Tom Savier? Non riesco a capire come si pronunci quel secondo nome, forse il cognome, Lo apro, lo sfoglio. La mia attenzione viene catturato da un disegno (pochi, troppe pagine da leggere!) bellissimo: il primo piano di lui che guarda dolcemente una bambina. Mio padre torna a guardarmi: "Ah, Tom Sawyer? (detto Sòier...ok, ho capito come si legge!) Vuoi comprarlo?". La mia attenzione continua ad essere catturata da quel disegno, non penso alle pagine da leggere. "Sì!", stringendolo tra le mani. Mio padre paga, io continuo a guardare il disegno. "Magari lo leggi quest'estate..."

Arriviamo a casa, mi piazzo su uno dei due divani del salone (luogo proibito per giocare, ma per leggere...) e comincio a sfogliarlo distrattamente alla ricerca di altre figure. Troppo poche. Mmm. Comincio a leggere la prima pagina, e poi la seconda, e poi la terza. Arriva ora di cena e già sono follemente innamorata di Tom Sawyer. Lo divoro poco a poco, in un paio di settimane. Diventa un appuntamento fisso: combattere la canicola leggendo quel libro sul divano del salone. E da lì scoprii il mio amore per la lettura.

Numerose sono le pagine passate sotto le mie dita, diversi gli autori e le storie. Predilizione per la narrativa, of course. Al ginnasio arriva Holden Caufield e la sensazione è la stessa che provai quando iniziai a leggere Tom Sawyer. Ad oggi, l'ho letto almeno una volta all'anno da quel lontano quinto ginnasio. Per caso ho scoperto che James Ellroy lo trova un libretto per quattordicenni. Probabilmente perchè io sono interiormente ancora una quattordicenne, e mi sta molto bene. Poi le letture sono aumentate come una parabola negli anni del liceo, quando non studiavo un cazzo (vi riporto alla mente il mio post di qualche giorno fa) e preferivo abbandonarmi sul letto di camera mia a leggere. Poi c'era il "contrabbando" di libri con Viviana, che ci scambiavamo nelle ore di lezione e commentavamo a casa, nelle nostre stanzette, quando ci illudevamo che quei mondi raccontati da autori più o meno bravi sarebbero stati nostri scenari di vita.

E poi l'università, il poco tempo concessomi dai viaggi in metro. Ho ripreso a leggiucchiare in modo più o meno attivo a partire da fine secondo anno della specialistica, quando non avevo da studiare, ovviamente. Cioè, detto tra noi, la scorsa estate.

E poi pausa. E adesso si ricomincia. E si continua altalenando. oddio, sto prendendo la brutta abitudine di mettere le "e" a inizio frase! Mi sono sempre chiesta se anche io, un giorno, avrò il coraggio di sedermi alla scrivania e cominciare qualcosa. Parallelamente alla mia fase di lettrice in erba, ho coltivato anche la passione per la scrittura. Ho una marea di piccoli romanzetti iniziati, portati avanti anche per un paio d'anni, ma leggerli fa solo tenerezza. E poi brevi storie, che condividevo solo con alcune amiche. Perchè, i più cretini pensano, scrivere è cosa semplice. Davvero? A volte è persino doloroso. Forse è terapeutico. Magari un giorno lo farò, chissà. Nel frattempo preferisco leggere gli altri, che sanno farlo meglio di me.

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